IL PALAZZO VESCOVILE DI LIPARI
Nei primi secoli del cristianesimo, a partire dai tempi del vescovo S. Agatone (III sec. d.C.), i vescovi di Lipari avevano la loro residenza nell’area intorno all’attuale chiesetta di San Bartolomeo dove era sorto il primo luogo di culto della primitiva comunità cristiana dell’Isola.
La Cattedrale, con la relativa residenza episcopale, venne trasferita nel cuore della città alta, l’antica acropoli greca e romana, allorché il Cristianesimo s’impose definitivamente sugli altri culti praticati nell’Isola, verosimilmente sul luogo di qualche tempio pagano e in una posizione certamente più sicura e difendibile.
Dopo il periodo della dominazione araba, a rifondare una chiesa dedicata a S. Bartolomeo nel cuore dell’acropoli con annesso monastero fu, tra il 1072 e il 1081, il normanno Conte Ruggero, che affidò l’opera ad una comunità benedettina guidata dall’abate Ambrogio.
Quando Lipari divenne nuovamente sede vescovile, nel XII secolo, gli ambienti del monastero vennero utilizzati come residenza dai vescovi nominati alla sede di Lipari. E quando, nel XIII secolo, iniziò a strutturarsi la municipalità, essa nacque praticamente all’ombra del vescovado.
Dopo il terribile sacco del pirata Ariadeno Barbarossa (1544), durante il quale la cittadina fu in massima parte distrutta e la popolazione significativamente decimata e deportata, la Cattedrale – anch’essa saccheggiata e data alle fiamme – venne restaurata già alla fine del ‘500; fu riedifica anche la casa del vescovo e recuperato un vigneto di ampie dimensioni e ancora esistente nel secolo scorso, che sorgeva oltre il torrente (attuale corso Vittorio Emanuele) nell’ampia zona pianeggiante ai piedi dell’acropoli, la ‘contrada di Diana’, allora poco abitata perché poco difendibile dagli attacchi dei pirati.
Qui nascerà, poco dopo, una seconda casa del vescovo che con il tempo diverrà la residenza attuale.
L’edificio nella vigna assunse l’aspetto odierno con i lavori fatti eseguire dal vescovo Bonaventura Attanasio fra il 1845 ed il 1856, con la piastrellatura in maioliche di tutte le stanze, e apponendo il proprio stemma nella sala centrale del I piano e sull’arco d’ingresso della cappellina privata, sul cui pavimento – anch’esso in maioliche siciliane – fu riportata la data del 1846.
Tra il 1913 e il 1928 il palazzo nell’acropoli rimase pressoché disabitato e andò degradandosi.
Fu mons. Bernardino Salvatore Re che nel 1928, appena giunse a Lipari, come Vescovo, mise in atto un generale restauro del fabbricato, completato nel 1931.