Pesca artigianale: I risultati del progetto "Mesfide"
Fino a qualche decennio fa, nel nostro Paese, venivano consumate circa 150 specie ittiche. Oggi sulle nostre tavole arrivano, sì e no, 40 specie di pesce e, di queste, le più richieste dal mercato sono appena dieci. Da qui la necessità di una riscoperta di specie ittiche erroneamente considerate “povere” che costituiscono, invece, un inestimabile patrimonio economico, alimentare, gastronomico e culturale. A questo grande tema si lega il rilancio della pesca artigianale, un settore ricco di tradizione e di storia che, pur rappresentando una peculiarità in tutta l’area del Mediterraneo, riveste attualmente un ruolo marginale. Il progetto Mesfide (Mediterranean small craft fishery and development), i cui risultati sono stati presentati questa mattina a Palermo, punta proprio a rilanciare questo settore.
Il progetto, finanziato con risorse del “Pic Interreg” dell’Unione europea, è stato sviluppato, a partire dal luglio del 2006, in alcune aree pilota della Sicilia (capofila dell’iniziativa con il Dipartimento regionale della Pesca), della Grecia e di Cipro, con risultati e raffronti poi trasferiti anche in Egitto. All’iniziativa hanno preso parte l’Istituto Zooprofilattico sperimentale per la Sicilia, l’Istituto per l’ambiente marino costiero del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche), l’Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare, il consorzio Plemmiro di Siracusa e i rappresentati del mondo scientifico degli altri Paesi coinvolti nel progetto.
Nel corso del convegno, andato in scena a Palazzo Steri, è stata più volte ribadita la necessità di interventi concreti in favore della pesca artigianale siciliana che, come un po’ tutto il settore, versa oggi in una condizione di crisi.
“Questo progetto, voluto dall’Unione europea - ha sottolineato Franco Andaloro, biologo marino dell’Istituto centrale per la ricerca scientifica applicata al mare - è la dimostrazione del reale interesse finalmente maturato dai vertici comunitari verso questo settore. La pesca artigianale e, in generale, un po’ tutto il pianeta pesca della Sicilia vive oggi un momento difficile. Che non sempre è riconducibile all’impoverimento del mare. A creare problemi alla pesca contribuiscono altri fattori: cambiamento climatico, pesca illegale e inquinamento, per non parlare delle coste troppo spesso e in troppi casi oggetto di speculazioni edilizie”.
“Oggi, per rilanciare la pesca artigianale - ha aggiunto Andaloro - c’è una grande opportunità: le risorse del Fep, il Fondo europeo per la pesca. Dietro la pesca artigianale c’è un mondo, in tanti casi trascurato, se non dimenticato, che ha invece tutti i numeri per diventare un punto di riferimento per i giovani che vogliono lavorare in questo settore. Penso alle specie ittiche da valorizzare. E alle antiche ricette che rischiavano di perdersi e che, grazie a questo progetto, sono state rispolverate e riproposte al grande pubblico. Il rilancio della pesca artigianale, attività diffusa in tante aree costiere dell’Isola, passa così da un legame sempre più stretto con il turismo e con la riscoperta di antiche tradizioni gastronomiche e culturali”.
In Sicilia, oggi, operano circa 20 mila pescatori (dato che non considera l’indotto). Di questi, il 70% circa sono pescatori artigianali che, però, catturano il 30% di tutto il pescato. Dal progetto Mesfide viene fuori che, nonostante la marginalità, questo settore è ancora vitale in tutta l’area del Mediterraneo. La ricerca effettuata ha puntato i riflettori sulla piccola pesca e sulle attrezzature utilizzate. Non sono mancate le campionature del pescato in tute le aree interessate dal progetto. Rilievi che hanno evidenziato la bontà del prodotto. Uno studio che è servito anche per riscoprire beni storici (per esempio, le vecchie tonnare), antropologici, musicali e gastronomici. Nelle isole del mare Egeo, per esempio, sono state censite centinaia di antiche ricette fatte di prodotti del mare e della terra, che rischiavano di andare perdute.
Puntuale l’analisi su alcune specie ittiche sottoutilizzate, per esempio, l’alalunga a Cipro e Milazzo, la lampuga (pesce che in Sicilia è conosciuto con il nome di capone) a Siracusa; e, ancora, sempre per restare in Sicilia, il fanfalo, la picara, il barracuda del Mediterraneo. Quindi la spatola, lo scorfano, la tracina la gallinella e la cerchia.
Ai lavori è intervenuto anche il dirigente del Dipartimento Pesca della Regione, Maurizio Agnese, che ha ribadito l’impegno dell’amministrazione per il rilancio della pesca artigianale a partire proprio dall’utilizzazione delle risorse Fep, 150 milioni di euro da spendere per le marinerie siciliane nei prossimi sei anni.
<< Home page