Il CNR salva la malvasia dai virus
L'Italia è fra i paesi con il più alto numero di varietà vitivinicole al mondo, tra cui si contano molti vitigni autoctoni che, coltivati da secoli, rendono unici i vini della nostra terra: un patrimonio certamente da tutelare, la cui sopravvivenza, invece, è spesso minacciata. Come nel caso della varietà autoctona della Malvasia di Lipari, contagiata da numerose malattie virali, e oggetto di studio dell’Istituto di genetica vegetale del Consiglio nazionale delle ricerche (Igv-Cnr) di Palermo. In collaborazione con il Centro di ricerca per la patologia vegetale (Crpv) del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (Cra), ha spiegato Francesco Carimi, ricercatore dell’Igv-Cnr, “abbiamo verificato che tutte le piante di Malvasia delle Eolie, da cui proviene il celebre vino da dessert, risultano infettate da pericolosi agenti virali che provocano sia l’accartocciamento fogliare sia l’ingiallimento o l’arrossamento delle piante”. Si tratta di virosi molto gravi, impossibili da eliminare in loco ma che penalizzano la qualità delle uve e condizionano il vigore dei vigneti, con graduale perdita di germoplasma.
Nell’ambito di un progetto finanziato dalla Regione Sicilia, si legge sul quindicinale del Cnr Almanacco della scienza, i ricercatori dell’Igv-Cnr e del Crpv-Cra hanno potuto sperimentare delle tecniche di risanamento per diversi vitigni siciliani colpiti da virus, dalla varietà ‘Minnella’, al ‘Damaschino’, all' ‘Uva MalvasiaFrappato’ fino alla ‘Malvasia’. “La tecnica adottata in questo caso è stata quella della rigenerazione di embrioni somatici in vitro”, ha precisato Carimi. “Tessuti prelevati da fiori di vite sono stati allevati in vitro e dopo circa 60 giorni, da singole cellule originate dai tessuti, sono comparsi i primi embrioni somatici”. Gli embrioni somatici sono stati quindi trasferiti in vitro su idoneo substrato di coltura che ha permesso lo sviluppo di una piantina completa con radici robuste. Questa fase di coltura si è conclusa con l’acclimatazione in vaso. “L’avvenuta eliminazione dei virus presenti nelle piante di origine è stata verificata mediante tecniche molecolari”, prosegue Angela Carra dell’Igv-Cnr. “La percentuale di risanamento è stata elevata, raggiungendo anche il 100 per cento di efficacia, dando modo di ottenere alcune piantine completamente risanate, come nel caso della malvasia di Lipari”. Questa tecnica innovativa, ha poi ricordato Carimi, “permette di ottenere nuove piante risanate da molte delle malattie presenti nel materiale vegetale di partenza, con un’efficienza superiore a quella ottenuta utilizzando una tecnica classica, la termoterapia”. Il passo successivo sarà, ora, quello di ottenere cloni omologati con cui produrre materiale di propagazione selezionato senza il rischio di alterare le caratteristiche peculiari dei vitigni trattati
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